Di Paolo Bertoli 

Le previsioni degli economisti
Molti economisti prima del referendum avevano previsto un impatto immediato e significativo sull’economia del Regno Unito e sulla fiducia dei consumatori in caso di votazione dei loro cittadini a lasciare l’UE.
In realtà, fino ad ora, queste previsioni non si sono avverate. Gli ultimi dati mostrano che l’economia inglese è cresciuta dello 0,5% nei tre mesi successivi al voto Brexit, soprattutto per l’impatto dello sviluppo nel settore dei servizi. Gli uffici finanziari del Governo inglese hanno aggiornato le previsioni di crescita, che evidenzia una tendenza al ribasso (dal 2% del 2016 al 4% nel 2017).

I tassi di interesse
Anche la Banca d’Inghilterra ha alzato tendenzialmente le stime di contenimento della crescita, e per contrastare i possibili effetti Brexit – e quindi per rilanciare l’economia – ha tagliato i tassi di interesse dallo 0,5% al 0,25% nel mese di agosto 2015, la prima riduzione del costo del denaro dal 2009 che ha portato i tassi nel Regno Unito a un nuovo minimo storico.

La fiducia dei consumatori

Nessun impatto, di fatto, sulla fiducia dei consumatori, che è tornata ai livelli pre-referendum grazie ai salari più elevati, alla bassa inflazione e ai tassi di interesse bancari inglesi al minimo storico.
Il nuovo primo ministro Theresa May, all’indomani del referendum, ha annunciato per l’inizio di ottobre prossimo il termine per avviare il processo di formale di uscita. In pratica, questo significa che il Regno Unito sarà fuori dell’UE entro l’estate del 2019.

I prezzi degli immobili
Il voto Brexit non ha nemmeno avuto un impatto significativo nei prezzi degli immobili: le transazioni non sono diminuite e gli ultimi dati mostrano una lieve diminuzione dei prezzi nell’ordine del 5%.
Il numero di case in vendita è al minimo degli ultimi 30 anni, che è in parte il motivo per cui il prezzo delle abitazioni è rimasto sostanzialmente stabile.

I flussi migratori
Non si registrano variazioni significative sul differenziale delle persone che si recano in UK per almeno un anno rispetto a quelle che lasciano il Paese.
Questo valore rimane vicino ai record con un saldo positivo di 327.000 persone.

La sterlina
Alla fine di giugno, dopo il voto Brexit, la sterlina inglese ha subito un forte scossone. Al 12 gennaio 2017 occorreva
€ 1,15 per avere una sterlina contro € 1,33 di un anno prima.

Il calo della sterlina aiuta gli esportatori ma aumenta i costi di importazione per i produttori.

Disoccupazione
Si è registrato un leggero aumento della disoccupazione nel Regno Unito a 1,6 milioni, ovvero un tasso di disoccupazione del 4,8%, che tuttavia si confronta con un 5,3% di un anno prima.

Conclusioni
Ancora una volta il Regno Unito dimostra la sua capacità di reggere l’urto e di avere le risorse per superare una crisi che, se fosse stata vissuta da altri Paesi europei, avrebbe avuto ben altro impatto. Forse questa consapevolezza potrebbe mantenere più uniti i Paesi che fanno parte dell’UE. Ma quel che è certo è che l’impegno dei nostri Governi (e in particolare di quello italiano) dovrà essere massimo per poter guardare al futuro con fiducia. La palla è a noi!

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Gennaio 2017