Di Paolo Bertoli

Mario Draghi, più di una volta, ha individuato il cambio euro-dollaro come fonte di pericolo per l’Europa intera. Più di un analista si è spinto ad azzardare il superamento dei già altissimi livelli attuali. Una corsa che ha visto la moneta unica prevalere su importanti valute rifugio come il franco svizzero e lo yen, che hanno registrato perdite da gennaio tra il 6% e il 7%
I commenti degli analisti sui motivi dell’attuale situazione e sulla valutazione dei rischi che l’Europa corre sono molti e diversi.
Occorre considerare che il rally dell’euro avviene in un periodo in cui l’economia europea mostra netti segni di miglioramento.  Da evidenziare al riguardo le proiezioni di Francoforte con la stima di un rialzo del Pil 2017 dal precedente 1,9% all’attuale 2,2%.
In questo contesto, tuttavia, i dati sull’inflazione mostrano stabilità (l’inflazione ad agosto non è andata oltre l’1,3%). Altro non meno importante elemento di riflessione giunge dalla ormai cronica debolezza del dollaro, che gioca a favore di un rafforzamento della moneta europea. Il calo dell’11% di questa valuta a livello mondiale da inizio anno appare un fenomeno di particolare rilevanza, forse anche alimentato da motivi interni, in primis le difficoltà nell’attuazione dell’agenda politica del presidente Trump.
Altro elemento, assai complesso, è il caso della sterlina che ha invece perso il 10% da inizio anno, complice anche l’impervio cammino avviato con un voto (difettoso) su Brexit, probabilmente non rappresentativo della reale volontà di coloro che costituiscono il tessuto vitale della nazione e fortemente contrario agli interessi del Paese. La situazione inglese appare di giorno in giorno sempre più complicata, incerta e polemica.
Ulteriore argomento, influente e delicato, è dato dalla politica degli stimoli, con particolare riferimento a eventuali tagli che inevitabilmente porterebbero a un ennesimo rafforzamento dell’euro. Una opzione, questa, che il Governatore della BCE Mario Draghi vorrebbe evitare a tutti i costi, poiché determinerebbe sulla moneta unica un insidioso circolo vizioso.
Un euro forte non farebbe che accentuarsi con l’arrivo di una qualsiasi forma di tapering (ovvero il rallentamento, da parte dell’Istituto Centrale, nel ritmo di acquisto di asset sul mercato). Meglio, quindi, rinviare ancora ogni decisione a ottobre – per la precisione al 26 – quando si terrà la prossima riunione della Banca Centrale, anche se in pochi nel frattempo si aspettano un indebolimento dell’euro.
E proprio di shock sui cambi ha parlato il membro del board della BCE Benoit Coeuré. Stando infatti alla sua analisi, grazie a una domanda interna che è in forte aumento si registra un netto vantaggio della crescita, ma resta senza dubbio la paura di uno shock esogeno sul cambio con le altre monete. Il motivo è semplice: i fondamentali non giustificano un andamento simile sul fronte valutario, per questo motivo l’euro si sta rivalutando non tanto per una sua forza intrinseca – ancorché presente – ma più che altro per una debolezza dei suoi diretti avversari dollaro e sterlina.

Articolo Pubblicato nella rivista ANDAF di Ottobre 2017