Di Paolo Bertoli 

Cari lettori,
provate a domandare ad un imprenditore italiano se considera lo Stato un partnero una controparte. La risposta che riceverete è scontata. E non solo! È alquanto probabile che vi dirà che ritiene lo Stato una controparte che talvolta si comporta in modo scorretto, come dimostrano le recenti scelte dell’Amministrazione finanziaria di introdurre regole fiscali retroattive. Per un imprenditore questo approccio è inaccettabile! Sarebbe come stipulare un contratto con un cliente che ha la facoltà di ridurre, unilateralmente, il prezzo dei beni o dei servizi rispetto a quelli pattuiti.
Il nostro vice-ministro delle Finanze difende le scelte operate dall’Amministrazione finanziaria dicendo “… eravamo in emergenza”. Se ciò è vero (e a giudicare dalle straordinarie entrate fiscali degli ultimi mesi non si direbbe!) è comunque sbagliato il rimedio. Creare sfiducia nell’imprenditore e – in generale nel contribuente – è un danno enorme, molto più grave del beneficio ottenuto (o, meglio, atteso).
Qualche anno fa nasceva lo “Statuto del contribuente”. Documento dalle nobili intenzioni, ma sempre più spesso palesemente disatteso dalla stessa Amministrazione finanziaria che lo ha emesso. E’ interessante osservare che l’introduzione dello Statuto aveva visto, in un altro tempo, un provvedimento che considerava con molta attenzione il rapporto fiduciario Stato-contribuente. Parliamo del lontano 1900, quando l’allora ministro delle finanze Bruno Chimirri emanò una circolare intitolata “Norme per la migliore applicazione delle leggi tributarie”. Un vero e proprio Statuto del contribuente “ante litteram”.
Infatti, Chimirri si preoccupava di “spogliare il sistema tributario delle inutili asprezze e purgarlo di alcune mende che impressionano sfavorevolmente senza vantaggio della finanza.” Ma una parte della circolare Chimirri che fa riflettere è quella in cui il ministro, con una lodevole autocritica, parla di di restituzioni delle imposte indebitamente riscosse dall’Erario. Il ministro scriveva all’epoca che “ciò che punge e offende non è tanto la gravezza del tributo quanto il dover pagare un’imposta indebita e, pagatala, non poterla sollecitamente riavere.” Inoltre, intimava agli uffici di “considerare come un obbligo la facoltà a essi concessa di promuovere d’ufficio gli sgravi e, in tutti i casi, la restituzione o il rimborso dell’indebito pagato senza aspettare la domanda degli interessati, spesso ignoranti, quasi sempre costretti a ricorrere all’opera, certo non gratuita, degli intermediari”. Ancora da segnalare la raccomandazione di Chimirri ai funzionari di tenere “un contegno cortese, equanime e imparziale, in modo da abituare i contribuenti a vedere in ciascuno di essi un amico, un magistrato amministrativo disposto a tutelare con lo stesso zelo i diritti dell’erario e le ragioni dei privati.” L’antenato dello “Statuto del contribuente“ chiudeva la sua circolare annunciando il nobile proposito di “facilitare e semplificare la macchinosa gestione delle Finanze, sceverandola del troppo e del vano”.
Non si può non rilevare quanto sia lontana la situazione italiana dei giorni nostri. Un esempio per tutti: il caso della tassazione degli immobili storici ed il recente intervento del legislatore che, con una “interpretazione autentica” di una norma vecchia di decine di anni, pur in presenza di moltissime sentenze della Cassazione favorevoli ai contribuenti (che hanno costantemente dichiarato non giustificata la presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria), rende di fatto retroattivo il prelievo fiscale.
Quali considerazione possiamo fare? Che occorre assolutamente ridare ai contribuenti la necessaria fiducia per non incorrere in problemi più seri, quali quelli di una disaffezione degli imprenditori italiani. Ci permettiamo solo pochi consigli: non lasciare nell’incertezza il contribuente, con norme complesse e poco chiare; se occorre modificare il gettito fiscale sarebbe meglio seguire la via diretta: è certamente preferibile modificare le aliquote piuttosto che costruire astruse regole che intervengono sulla determinazione della materia imponibile; usare imparzialità ed equità: il rapporto tra impresa e fisco non può non essere leale.
Forse, così, qualcuno cambierà la sua idea e considererà lo Stato un po’ meno “controparte”!

Editoriale pubblicato sulla rivista ANDAF di Gennaio 2007