Di Paolo Bertoli 
(dal Web e dalle maggiori testate)

In data 28 gennaio 2014 è stato emanato il D.L. n. 4-2014 contenente disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero.
Sono ancora molti gli interrogativi e le criticità che accompagnano questa operazione di voluntary disclosure: i numerosi punti di discrezionalità nell’applicazione delle sanzioni che possono incidere sul costo della riemersione e, non ultimi, i dubbi sul ruolo del professionista che fornisce consulenza al contribuente e sulle eventuali responsabilità in cui potrebbe incorrere in caso di false dichiarazioni in relazione alla normativa antiriciclaggio.
Si attendono quindi opportuni chiarimenti in merito da parte dell’Agenzia delle Entrate, che forniscano indicazioni chiare ai contribuenti e agli operatori che li assistono.
Analizziamo brevemente la questione. Con il D.L. n.4 -2014 i soggetti – persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali – che detengono attività e beni all’estero e hanno omesso di dichiararli, mediante una dichiarazione volontaria potranno sanare la propria posizione pagando in un’unica soluzione le imposte e le sanzioni (queste ultime ridotte) a condizione che non abbiano in corso verifiche sugli investimenti esteri da regolarizzare. Si può accedere ai vantaggi della voluntary disclosure – riduzione del 50% delle sanzioni minime sul monitoraggio valutario e garanzia di non punibilità dei reati fiscali relativi agli adempimenti dichiarativi – entro il 30 settembre 2015 e per irregolarità fiscali commesse fino al 31 dicembre 2013. Tale procedura si colloca nella sfera dell’oramai noto D.L. 167/1990 riguardante gli obblighi di monitoraggio fiscale e quindi di compilazione del riquadro RW, con l’obiettivo di reimpostare il rapporto di trasparenza tra cittadino e fisco alla base del “contratto sociale”.
La voluntary disclosure non è né un condono, né un nuovo scudo fiscale. Si distingue da quest’ultimo in quanto non comporta alcuna riduzione dell’imponibile o delle imposte, non prevede forme di anonimato e non esclude l’applicazione delle sanzioni previste in materia, ma semplicemente riduce quelle amministrative. Per quanto riguarda le sanzioni penali, l’eliminazione riguarda solo quelle non connesse a comportamenti fraudolenti ma previste dall’ordinamento come conseguenza delle omissioni dichiarative.

Pro e contro

Il principale beneficio è dato appunto dal consistente sconto sulle sanzioni per la mancata dichiarazione nel quadro RW del patrimonio all’estero (case, depositi, azioni, ecc.). Se si sceglie di autorizzare la banca o la società estera a comunicare alle autorità italiane tutti i documenti e le informazioni utili a risalire all’origine dei capitali, si può arrivare a pagare solo l’1% dei valori detenuti all’estero. La percentuale può scendere fino allo 0,5% se tali beni sono conservati in Paesi non considerati paradisi fiscali. Ulteriore incentivo è la possibilità di ridurre l’ammontare delle imposte che il contribuente avrebbe dovuto versare sui proventi del patrimonio estero. Coloro che decideranno di presentare la dichiarazione volontaria saranno inoltre al riparo dalla prevista introduzione anche in Italia del “reato di autoriciclaggio” che, una volta in vigore, estenderebbe la punibilità a chi ha contribuito al reato da cui provengono i beni o il denaro. La legge comunitaria per il 2013, che ha esteso l’obbligo di monitoraggio dei trasferimenti da e verso l’estero a carico degli intermediari finanziari, ha reso ancora più complesso il reimpiego in Italia di valori detenuti illecitamente oltreconfine.
Tra gli svantaggi della volontary disclosure va esaminato, in primis, il rischio che si riveli molto onerosa per il contribuente. Con riferimento alle sanzioni amministrative, l’unico reale beneficio è che il comportamento collaborativo sarà sempre premiato con l’applicazione delle sanzioni minime. La collaborazione spontanea presuppone inoltre totale trasparenza nei confronti del Fisco, a rischio di fare emergere violazioni compiute da altri soggetti, alcuni dei quali potrebbero non essere ammessi alla procedura. Durante le operazioni di emersione è possibile che affiorino elementi utilizzabili a sfavore di soggetti che possono essere riconducibili al contribuente in qualità di dominus. Inoltre, molti contribuenti non hanno semplicemente omesso il quadro RW e la dichiarazione dei redditi di natura finanziaria prodotti all’estero, ma all’estero hanno anche trasferito il frutto dell’evasione realizzata nel corso degli ultimi anni in Italia; il prezzo da pagare per questa categoria di soggetti può arrivare facilmente anche al 70% del capitale detenuto irregolarmente in un altro Paese

 

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Aprile 2014