Di Paolo Bertoli 

Questo è il titolo che utilizzai, nel lontano maggio del 2004, nel mio consueto editoriale di Andaf Magazine. Credo che lo stesso slogan debba essere utilizzato oggi. Sono fermamente convinto che la crisi finanziaria che stiamo vivendo avrà a breve un termine. Ma come tutte le tempeste, questo “tsunami” lascerà il segno. Le aziende più fragili non riusciranno a sopravvivere, quelle più forti e stabili ne usciranno ancora più rinforzate. Ma se è certamente vero che i temporali non sono per sempre, penso che ad essi dovremo abituarci. La crisi del 2008 non è la prima e non sarà certamente l’ultima.
In questi giorni tutti si stanno interrogando sulle ragioni della crisi. Certamente, per quanto sia difficile valutare in profondità le cause del malessere e della insostenibilità di molti aspetti del mondo moderno, appare semplicistico attribuire la responsabilità di ciò che è accaduto solo alle autorità finanziarie, ree di non aver adeguatamente controllato; oppure ai banchieri, colpevoli di un appetito di risultati economici fuori misura; o, ancora, alle leggi del mercato in quanto ente sovrano che tutto regola nell’economia liberale.
Sono molte altre le questioni alla radice dei nostri problemi, forse prima di tutte l’incapacità di governare. In un mondo globale anche le regole devono essere globali. Vanno ripensati i rapporti tra le varie nazioni, devono essere gestite le grandi migrazioni dei popoli che cercano – attraverso nuovi lidi – di raccogliere un pezzetto anche piccolo di quella ricchezza delle nazioni più sviluppate, occorre pensare su base planetaria e non più egoistica. Ed ancora il grande tema, strettamente collegato, della sostenibilità dell’ambiente. Per quanto potremo continuare a maltrattare il nostro mondo prima che esso ci presenti il conto?
Cambiamenti dei costumi, decostruzione degli stati, imprese nomadi, iperconflitti, guerre per il petrolio e per l’acqua…. Ma forse, chissà, seguendo il pensiero autorevole di Jacques Attali, anche la nascita di un’iperdemocrazia tesa al bene comune. Altrimenti, ed è lo stesso Attali che ci lancia il monito, il rischio di un conflitto mondiale, purtroppo, non può essere escluso.
E intanto, nella speranza che i “grandi” siano capaci di definire nuove regole, cosa possono fare le imprese? Purtroppo la soluzione dei problemi non è tutta nelle loro mani. Credo tuttavia che sia imperativo per loro, come deve fare un buon giocatore di scacchi, simulare e prevedere con anticipo le possibili mosse. Le leve da utilizzare: la pianificazione strategica e operativa, e un efficace sistema di controllo di gestione. Ed anche cogliere i suggerimenti delle autorità di controllo: cito tra questi l’adozione di modelli di controllo adeguati, un sistema di monitoraggio e gestione dei rischi aziendali, una struttura di governo delle imprese presidiate da esperti che, in seno ai consigli di amministrazione, siano in grado di mantenere saldo il timone anche in tempi turbolenti come questi.
Andaf vuole offrire un piccolissimo contributo a queste riflessioni con il XXXIII Congresso nazionale dal titolo: Gestire l’impresa tra complessità e discontinuità. E dà un caloroso benvenuto ai numerosi partecipanti.

Editoriale pubblicato sulla rivista ANDAF di Ottobre 2008