Di Paolo Bertoli 

MOLTI FUTURI SONO POSSIBILI: MA CERTAMENTE SOLO NEI MOMENTI DI TURBOLENZA E CAMBIAMENTO NASCONO NUOVE OPPORTUNITÀ.

  1. Una crisi come quella che stiamo vivendo davvero non l’avevamo mai vista. Siamo così immersi in questa turbolenta situazione che quasi ci siamo dimenticati che già dal luglio 2007 erano nettamente evidenti i primi segnali di quella che sarà definita “la tempesta perfetta”: certamente la più grave crisi economica e finanziaria dal 1929.
    Dalla sua origine negli Stai Uniti la crisi è adesso globale, profonda, complessa, e ne abbiamo ben percepito la sua “contagiosità”. E’ poco importante comprendere quale è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ciò che è invece drammaticamente importante è che i suoi effetti hanno colpito trasversalmente imprese operanti in differenti segmenti di mercato e paesi. Il sistema finanziario mondiale è – a distanza di quasi due anni – in uno stato di confusione.
    Certamente una tra le cause determinanti è stata l’implosione di una sovrastruttura finanziaria, autoalimentata al di là di ogni ragione tecnica, che – inevitabilmente – ha determinato pesantissime ripercussioni nell’economia reale. Lo stiamo verificando sulla disponibilità di credito alle imprese, sulla perdita di occupazione, sui bilanci delle famiglie. Praticamente tutte le economie mondiali segnano un PIL negativo.
    E’ lecito chiedersi perché lo abbiamo permesso. Ma forse è più importante pensare al futuro e comprendere se, oltre ai pasticci finanziari che vedono anche situazioni tragiche come è quella del direttore finanziario della Freddie Mac, David Kellermann (a nome della nostra categoria vorrei ringraziare Alessandro Plateroti per il suo editoriale a difesa dei manager pubblicato su “Il Sole 24 Ore del 23 aprile u.s.), dobbiamo estendere l’analisi per individuare le misure anti-crisi di cui le nostre imprese hanno assoluto bisogno.
    I governi e le banche centrali di tutto il mondo hanno adottato numerose misure per cercare di migliorare la situazione economica e ridurre i rischi sistemici: stimoli economici attraverso pacchetti di varie forme, enormi iniezioni di liquidità delle Banche centrali, salvataggi, ristrutturazione di istituzioni finanziarie, agevolazioni fiscali, introduzione di garanzie per i risparmiatori, giro di vite nelle regole per le investment bank, creazione di “Bad Bank”e di “Bad Company”,come è il caso di cui si discute in questi giorni per il colosso multinazionale General Motor. Ma gli esiti sperati sono stati raggiunti? Purtroppo solo in modo limitato! Dobbiamo infatti registrare che questi imponenti rimedi, seppur utili, non hanno ancora risolto i problemi.
    Un dato interessante, che da una prima lettura sembrerebbe paradossale, si rileva dall’aumento del risparmio delle famiglie in molti paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti. In realtà questo dato trova una sua coerenza in due fattori: (i) la crisi non ha ancora sviluppato in pieno i suoi effetti negativi e (ii) appare in piena evidenza la grande sfiducia e preoccupazione dei consumatori, che preferiscono “mettere un po’ di fieno in cascina” in attesa di tempi migliori. Ed è proprio l’elemento “fiducia” che deve essere oggetto di attenta riflessione e che deve costituire la nostra cartina di tornasole (nel letterale senso del termine).
    E’ bene evidenziare che l’inversione del senso di rotazione di questa crisi, da circolo vizioso a virtuoso, sarà infatti conseguente al recupero della fiducia dei consumatori, dei cittadini e degli imprenditori, nei mercati, negli intermediari, nello Stato.
    Continuando nell’analisi dei fattori che hanno determinato questa propagazione così rapida e devastante della crisi dobbiamo constatare in primis la discontinuità del nostro tempo, determinata prevalentemente da un effetto a catena dato dalle nuove tecnologie che a loro volta hanno reso straordinariamente efficiente il nostro sistema di comunicare e che registra e diffonde in tempo reale ogni informazione ed ogni accadimento in qualunque parte del mondo. Dunque l’evoluzione tecnologica, i conseguenti cambiamenti che sono intervenuti in tempi così ridotti, ma a cui dobbiamo aggiungere una grave crisi dei valori e dell’etica, insieme ad un sistema nel suo complesso “non sostenibile” (e mi riferisco alla distribuzione della ricchezza ed alla poca cura del nostro ambiente in senso lato) hanno, creato quella micidiale miscela che ha innescato la profonda crisi che stiamo vivendo.
    Riccorre tra gli strategist una domanda a cui nessuno, in realtà, può dare una risposta, ovvero prevedere cosa accadrà nell’immediato futuro e con quale velocità potrà ripartire il sistema economico, tenendo presente che molti degli elementi che hanno creato così velocemente questo gigantesco effetto “domino” sono tuttora presenti. Questa condizione potrebbe quindi rinforzare la tesi di alcuni – compreso il sottoscritto – che non siamo di fronte “alla crisi” ma ad “una crisi” – per quanto importante – “tra le tante”, e che quindi occorre porre in essere non solo azioni “tattiche” ma strategie a lungo termine .
    In questo momento di grande incertezza, molti sono i futuri possibili. L’unico dato certo è che la crisi finirà, anche a costo di esaurire una grande quantità di ricchezza. Il concetto economico della distruzione della ricchezza, sebbene tratto da un’ideologia ormai superata, ritorna dunque quantomai attuale. Quando si interromperà questa crisi di sfiducia, per lo stesso motivo della contagiosità di cui prima parlavo, sarebbe ragionevole attendersi una reazione positiva immediata.
    Sono anche convinto che l’attesa inversione di tendenza, quando interverrà, potrà infatti essere repentina e nel suo veloce movimento potrebbe offrire grandi opportunità alle imprese che si dimostrassero pronte alla linea di partenza con i motori in moto, perfettamente funzionanti.
    Sta a noi manager, che operiamo all’interno delle imprese, supportare i nostri amministratori ed imprenditori, ed aiutarli ad individuare le strategie necessarie per superare questa difficile situazione e per preparare le nostre imprese al “dopo”.
    Cosa occorre fare per poter cogliere efficacemente queste possibili e probabili opportunità? Quali serie di misure le nostre imprese dovrebbero assumere per mantenersi in efficienza e per adottare le necessarie misure di protezione?
    Lascio alla Vostra riflessione un decalogo che pone l’attenzione ed offre alcuni suggerimenti ai nostri imprenditori.
  1. rivedere il proprio piano strategico, i modelli commerciali ed industriali, introducendo più scenari nei propri modelli di sviluppo e svolgendo, con attenzione, prove di stress della struttura finanziaria;
  2. mettere a punto strumenti di monitoraggio della situazione produttiva, organizzativa e finanziaria dell’organizzazione, con un particolare attenzione alla liquidità disponibile , alla gestione dei crediti, ai finanziamenti ed alla previsione delle necessità di ricorrere a capitale di terzi;
  3. valutare la possibilità di raccogliere capitale aggiunti- vo, attraverso partnership che assicurino anche una maggiore competitività all’impresa, esplorando anche la possibilità di operazioni straordinarie, compresa la possibilità di fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni;
  4. senza indugio e con coraggio tagliare i rami secchi, per liberare risorse finanziarie per investimenti dedicati esclusivamente ai progetti “core”, ricordando che un progetto con un incerto successo oltre ad assorbire risorse finanziarie assorbe anche la concentrazione ed il tempo, che è, per l’imprenditore, il capitale maggiore;
  5. curare ogni aspetto del governo aziendale, per presidiare correttamente tutti i rischi d’impresa;
  6. modificare la struttura della remunerazione degli amministratori e dei dirigenti, e – se del caso – chiedere loro dei temporanei sacrifici, offrendo come contropartita di “mantenere la macchina in moto” pronta alla linea di partenza e costruendo un sistema premiante con una rilevante parte variabile degli emolumenti;
  7. semplificare le strutture di comando, ricordando che nell’era 2.0, il simbolo è la rete! I modelli organizzativi aziendali tradizionali infatti stanno scricchiolando e le piramidi, anche a base allargata, creano ritardi nelle comunicazioni, in un’epoca nella quale il tempo è la variabile più critica di ogni progetto;
  8. valorizzare le risorse umane e non perdere – ad ogni costo – le persone chiave: lavorare per questo sul clima aziendale anche definendo sistemi premianti strettamente legati alle strategie ed ai risultati;
  9. per le piccole e medie imprese, in particolare, ricondurre l’imprenditore ad un ruolo strategico e di indirizzo, rinunciando al day to day per mantenere saldo il controllo del business;
  10. “tener duro” perché solo nei momenti di turbolenza e cambiamento nascono nuove opportunità.

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Aprile 2009