Di Paolo Bertoli 
(da Il Sole 24 Ore, da Il Secolo XIX, dal Corriere della Sera e dal web)

Le tendenze per il 2013, secondo l’outlook di East Capital, saranno principalmente due: l’attenzione ai fondamentali e il ritorno verso l’azionario e i mercati emergenti. Secondo gli analisti l’economia globale sta tornando alla normalità, il che significa che la corsa alla sopravvivenza si sta esaurendo per lasciare spazio ai nuovi investimenti.
Nel 2013 lo stimolo da parte della BCE potrebbe essere più consistente che nel 2012, tanto da spingere gli investitori a passare dalle obbligazioni alle azioni e – venendo meno il tail risk – dai mercati sviluppati ai mercati emergenti alla ricerca di rischio/rendimento. L’effetto combinato di queste tendenze potrebbe essere l’inversione del flight to safety che ha caratterizzato gli anni della crisi.
Gli analisti di Credit Suisse sottolineano che l’anno prossimo il quadro sarà caratterizzato da tassi d’interesse poco elevati, sostenuto da crescita e inflazione moderate. Così gli asset, avvantaggiati dai rendimenti bassi, continueranno a segnare una buona performance. Ma quando vedremo l’inizio di una vera ripresa economica e, di conseguenza, anche dei mercati finanziari? «Fra dodici mesi – sostiene Fabrizio Quirighetti, economista di Banca Syz – potremo rispondere meglio alla domanda, perché sapremo se si va verso l’uscita dalla crisi o verso uno scenario giapponese». Comunque, nei prossimi anni le azioni dovrebbero battere le obbligazioni. Anche se, per via della probabile alta volatilità, al momento restiamo cauti. «La ripresa dell’economia statunitense – secondo l’economista di Banca Syz – potrebbe essere una sorpresa positiva per il 2013, anche perché la crescita dei salari nei Paesi emergenti (a fronte di una qualità spesso insoddisfacente) spinge per una reindustrializzazione in America. La prova del nove si avrà verso la fine del 2013: se fra dodici mesi la FED rialzerà i tassi, come si inizia a ipotizzare, sarà la conferma dell’uscita dalla crisi». Le attese macro per l’Europa sono decisamente meno brillanti.
«Però – osserva Quirighetti – il rafforzamento del dollaro sarebbe comunque positivo, perché ne sarebbero avvantaggiate la aziende esportatrici e, quindi, l’andamento delle Borse». «Complessivamente – dichiara Maurizio Novelli, global strategist di Zest Asset Management Sicav – il mondo che si intravede per il 2013 non sembra essere granché migliore rispetto al 2012. Il contesto nel quale ci si muove rimane ancora piuttosto fragile: il debito pubblico continua ad aumentare in USA, Unione Europea e Giappone, ma la crescita dell’economia resta purtroppo troppo debole».
Ma come se la cava l’economia reale del nostro Paese? Il Centro Studi di Confindustria, nel rapporto trimestrale di dicembre “Scenari Economici”, avverte che: «l’orizzonte italiano rimane fortemente condizionato dalla difficoltà di prevedere l’esito delle prossime scadenze elettorali». E di “incertezza politica” parla anche Fulvio Conti, ex Ad di Enel e vicepresidente di Confindustria: «L’anticipo della legislatura – chiarisce – mette a rischio l’approvazione della Legge di Stabilità e alcuni provvedimenti che prevedono semplificazioni amministrative utili per le imprese». Secondo le stime del Centro Studi di Confindustria, la buona notizia è che l’Italia dovrebbe uscire dalla recessione a partire dal quarto trimestre del 2013. Prima di migliorare, però, la situazione peggiorerà ancora per qualche mese. Il PIL nazionale diminuirà infatti dell’1,4% nel 2013 (dopo il – 3,2% del 2012) per poi migliorare dello 0,3% nel 2014. La crisi in Italia sarà dunque più lunga, ma in compenso meno accentuata di quanto previsto.
Il dato forse più preoccupante tra quelli elaborati dagli analisti di Confindustria riguarda il tasso di disoccupazione, che non accennerà a diminuire nemmeno nel 2014. Nei prossimi due anni si passerà infatti dal 10,6% del 2012 all’11,8% e poi ancora al 12,4%. In compenso i sacrifici degli italiani dovrebbero essere alleviati dalla riduzione dell’inflazione, che dal 3,1% del 2012 scenderà nel corso del 2013 all’1,8% per diminuire ancora nel 2014, quando dovrebbe toccare quota 1,6 percentuale. Secondo Confindustria le manovre fiscali del Governo italiano stanno comunque dando i loro frutti, tanto che «si escludono e sconsigliano nuove manovre nel 2013 perché nessuno (FMI, OCSE e UE – ndr) ce le chiede», come spiega il capo-economista Luca Paolazzi. Si conferma l’importanza delle esportazioni nel trainare l’economia italiana: l’export nel 2013 dovrebbe crescere dell’1,2% per poi accelerare sensibilmente nel 2014 (+2,8 %).
«I progressi nella seconda parte dell’anno prossimo – osservano gli analisti di Confindustria – saranno favoriti da politiche di bilancio meno restrittive in Italia e in gran parte d’Europa, dall’accelerazione del commercio globale, dall’accentuarsi dell’espansione monetaria, dalla tendenza alla stabilizzazione della crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona che allenterà le tensioni finanziarie, e da un parziale rimbalzo di alcune componenti della domanda interna. Nella zona euro è dunque indispensabile che prosegua il cammino verso la maggiore integrazione, che il raggiungimento degli obiettivi dei conti pubblici si spalmi su un arco di tempo ragionevolmente più lungo e che si realizzino le riforme strutturali per chiudere i divari di produttività».
Ma non si può valutare lo stato di salute dell’economia italiana senza conoscere ciò che accade a livello internazionale. I trend più importanti mostrano come l’Italia sia sostanzialmente allineata al resto del mondo. Il commercio mondiale crescerà del 2,1% nel 2013 e del 5,4% nel 2014. Non giunge come una sorpresa, ma evidentemente saranno i Paesi emergenti a guidare la ripresa economica, con un PIL mediamente in crescita del 5,6% contro l’1% dell’area euro e il 2,4% degli Stati Uniti.

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Gennaio 2013