Di Paolo Bertoli 
(dal Web e dalle maggiori testate)

Secondo l’ex premier Enrico Letta, in Italia «Fare impresa è possibile» grazie anche «ai tanti provvedimenti approvati nei primi 100 giorni» di Governo. Lo ha affermato, in un’intervista concessa a ilsussidiario.net a metà agosto 2013. «È vero che fare industria in Italia è difficile – ha spiegato – perché molti fattori di svantaggio competitivo, esogeni ed endogeni al sistema produttivo italiano, condizionano i processi economici e sociali. Su questi fattori, però, stiamo lavorando e continueremo a farlo per dimostrare a tutti che, per quanto sia difficile, fare impresa in Italia è possibile». In questo senso l’ex Presidente del Consiglio ha rivendicato con forza alcuni provvedimenti adottati dal Governo: «Penso al “Decreto Fare” e alle misure contro la burocrazia eccessiva, allo sblocco dei cantieri delle infrastrutture, alla nuova “Legge Sabatini” che incentiva l’acquisto di macchinari da parte delle piccole e medie imprese. Penso agli “Eco Bonus” per il risparmio energetico, gli elettrodomestici, i mobili. Penso al nuovo Piano della Cassa Depositi e Prestiti che il Governo, nella sua funzione di azionista, ha contribuito a indirizzare nella direzione di una nuova politica industriale, più selettiva e lontana anni luce dalla logica degli investimenti a pioggia. Penso infine al grande progetto “Destinazione Italia“che presenteremo a settembre per ribadire un messaggio chiaro: vale la pena di investire in Italia». 
Sul tema si è espresso anche il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi, che è intervenuto al Meeting di Rimini in occasione dell’incontro “Infrastrutture e trasporti: rinnovate opportunità per uscire dalla crisi. Problemi, soluzioni, prospettive presenti e future”. «La ripresa economica – spiega nel suo intervento – può essere sostenuta dalle imprese con il riavvio dei piani di investimento. Per rendere duraturo il ritorno all’investimento è necessario migliorare le condizioni del “fare impresa” in Italia, da tempo difficili per il gravame fiscale, per l’oscurità delle norme, per gli ostacoli burocratici». «Le banche – aggiunge Rossi –possono concorrere a una ripresa sana degli investimenti muovendo da una base patrimoniale solida e concedendo credito con prudenza e sagacia. Anche gli investimenti pubblici possono contribuire a rendere più saldo e sostenibile lo sviluppo economico, compatibilmente con l’equilibrio di bilancio e a patto che servano a innalzare la produttività del sistema».
Sono stati diffusi i risultati del report Doing Business 2013, un’analisi comparata dei modelli normativi e organizzativi aziendali di ben 183 Paesi del mondo che, in maniera implacabile, ha confermato che fare impresa in Italia è davvero difficile. In questa speciale classifica l’Italia si posiziona solo al 73° posto.
Andando a vedere nello specifico quali sono gli ostacoli maggiori che oggi un giovane imprenditore deve mettere in conto quando decide di aprire una propria azienda, troviamo al primo posto la risoluzione delle dispute commerciali. L’Italia in questo è un vero disastro, e si posiziona al 160° posto, lontanissimo non solo dalla testa ma anche dalla media europea che è al 47° posto. Ciò significa che sul fronte dei processi civili e della giustizia amministrativa il nostro Paese non è solo lontano dal resto del mondo, ma soprattutto dagli altri Paesi dell’Unione. È noto da tempo, infatti, che proprio questo problema costituisce un importante freno all’arrivo di investimenti stranieri in Italia.
Abbiamo, inoltre, il problema del pagamento delle imposte che ci vede al 131° posto della classifica, e la difficoltà di allacciarci alla rete energetica. Una problematica che ci vede al 107° posto. D’altronde, il costo troppo elevato dell’energia è un altro dei mali che colpiscono il nostro sistema produttivo.
L’accesso al credito, che ci vede solo al 104° posto, è un’altra delle piaghe che affligge i nostri imprenditori. Risulta, infatti, quasi proibitivo poter chiedere un semplice fido in banca per proseguire o far nascere un’attività produttiva.
Infine, un’ultima notazione riguarda le procedure di avvio di un’azienda. Un tema che, tra tutti, sta particolarmente a cuore ai milioni di giovani che vorrebbero intraprendere un’attività imprenditoriale. Ebbene, l’Italia si posiziona all’84° posto, un rango di retroguardia che ci fa ricordare d’altronde quanto complicata e macchinosa possa essere la trafila burocratica per ottenere permessi e concessioni governative.
Qualche tempo fa, in Parlamento era stata presentata un’iniziativa legislativa che mirava a concedere l’apertura di un’impresa in sette giorni, ma come spesso accade nel nostro Paese, tutto è sfumato nel nulla.

Articolo pubblicato sulla rivista ANDAF di Ottobre 2013